lunedì 20 maggio 2019

Il problema della morale nella Critica della ragion pratica


Nella Critica della ragion pratica si afferma che la legge morale è un ''fatto della ragione'', ed è incondizionata, universale e ha la forma del ''comando'' perché deve contrastare la sensibilità e gli impulsi egoistici. 

Inoltre si afferma che la ragion pratica coincide con la volontà, la quale è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi:
  • le massime: prescrizioni di carattere soggettivo;
  • gli imperativi: prescrizioni di carattere oggettivo.
Gli imperativi sono distinti a loro volta in:
  1. imperativi categorici;
  2. imperativi ipotetici.
Nel trattato l'azione è morale nel momento in cui è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere e soddisfa il principio di universalizzazione, il quale è ampliato attraverso le tre formulazioni dell'imperativo categorico, che impongono di agire: 
  1. ''soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale'';
  2.  ''in modo da trattare l'umanità, sia in quella di  ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo'';  
  3. in modo tale che ''la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice''.
A differenza di Hume, Kant sostiene che il vizio e la virtù si basano sulla ragione e non sulla sensibilità e rientrano in una morale universale e necessaria. Difatti è bene ciò che che è conforme alla legge morale inscritta nell'uomo. 

Infine viene descritta la moralità, la quale richiede la conformità al dovere ma anche la convinzione interiore. In essa l'uomo si eleva al dis opra del sensibile e delle leggi della natura e su di essa si fonda la religione. Infatti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica. L'esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene e l'immortalità dell'anima garantisce la realizzabilità del sommo bene. 

Critica della ragion pratica

Limiti e possibilità della conoscenza 

La Dottrina degli elementi è suddivisa in Estetica trascendentale e Logica trascendentale.

L' Estetica trascendentale studia la conoscenza sensibile, la quale è passiva e attiva al tempo stesso. Infatti riceve dall'esperienza i dati percettivi e li organizza attraverso due forme a priori: 
  • spazio: la forma del senso esterno;
  • tempo: la forma del senso interno.
La Logica trascendentale è suddivisa a sua volta in Analitica e Dialettica trascendentale.

La Analitica trascendentale studia la facoltà dell'intelletto, il quale consente di unificare le intuizioni sensibili sotto le 12 categorie. La legittimità dells loro applicazione è giustificata con la deduzione trascendentale, secondo cui tutto il processo conoscitivo è fondato sull'io penso, il legislatore della natura. Ciò è inteso come la realtà fenomenica distinta dalla realtà noumenica

Mentre, la Dialettica trascendentale studia la ragione e cerca di superare i limiti dell'esperienza attraverso:
  • l'unificazione dei dati del senso interno (idea dell'anima);
  • l'unificazione dei dati del senso esterno (idea del mondo);
  • l'unificazione dei dati del senso interno end esterno (idea di Dio).

Critica della ragion pura


Kant

I giudizi della scienza e la ''rivoluzione copernicana''

Kant nasce nel 1724 nella periferia di Kӧnigsberg, una cittadina della Prussia orientale ( attuale Kaliningrad in Russia). L'opera più famosa di Kant è la Critica della ragion pura, un trattato sull'architettura della ragione umana.

Nella Critica della ragion pura si afferma che occorre condurre un'analisi sui fondamenti della conoscenza al fine di appurare quali sono le condizioni di possibilità della scienza e capire se è possibile una metafisica come scienze. A questo scopo si analizzano le proposizioni della scienza, ovvero i giudizi. 

Nel trattato si sostiene che i giudizi si distinguono in tre tipologie:
  1. analitici: 
  • in essi il predicato esplicita solo il contenuto del soggetto;
  • possiedono universalità e necessità ma non accrescono il sapere.
     2.  sintetici a posteriori: 
  • in essi il predicato aggiunge novità al soggetto;
  • accrescono il sapere ma sono particolari e contingenti.
     3. sintetici a priori:
  • accrescono il sapere (essendo sintetici);
  • sono dotato di universalità e necessità (essendo a priori).

Nella Critica alla ragion pura si sostiene anche che nei giudizi a priori si possono distinguere l'aspetto materiale e l'aspetto formale.                                                                                                                      
        
  • Aspetto materiale: le impressioni sensibili che il soggetto riceve passivamente dall'esperienza (a posteriori).
  • Aspetto formale: le modalità con cui la mente ordina attivamente le impressioni.
Entrambe portato alla teoria copernicana, dove non è la mente a doversi adeguare alla realtà, ma la realtà a doversi adeguare alle modalità conoscitive del soggetto.

Immanuel Kant

venerdì 19 aprile 2019

Hume e gli esiti scettici dell'empirismo

David Hume nasce a Edimburgo nel 1711. Egli sostiene che la fonte della conoscenza sono le percezioni, le quali si distinguono in: 
                            ⬋                                                ⬊
                 impressioni                                             idee 
                         ꜜ                                                         ꜜ
percezioni immediate e vivide.                  immagini deboli delle impressioni.

Il filosofo riconosce la memoria e l'immaginazione come mezzo per consentire la conservazione di impressioni e per collegare le idee. Tuttavia, la mente non è totalmente libera perché procede secondo il principio di associazione, il quale opera in base a tre criteri:
  1. somiglianza;
  2. contiguità;
  3. casualità.

Hume sostiene che le idee complesse garantiscono una conoscenza certa quando derivano da pure relazione tra idee, e una conoscenza probabile quando derivano da relazioni tra dati di fatto, le quali implicano il principio di casualità che deriva da una tendenza soggettiva a cogliere una connessione necessaria tra due eventi successivi e contigui. 

Inoltre, secondo il filosofo , la fiducia nella regolarità dei fenomeni è frutto dell'abitudine,  da cui derivala credenza, utile per guidare la condotta umana ma priva di certezza assoluta. 
Infine l'etica si fonda su criteri empiric e sul senso morale, infatti bisogna tenere distinti il piano dell'essere e quello del dover essere.

Per Hume il vizio e la virtù si basano sul sentimento sociale e non su principi assoluti e immutabili. Essi sono relativi alla percezione del soggetto. Secondo Hume è bene ciò che assicura la massima felicità possibile al maggior numero di persone.


David Hume

martedì 2 aprile 2019

John Locke

John Locke vive la giovinezza in uno dei periodi più tormentati della storia inglese, segnato dalla rivoluzione anti-monarchica e culminato con la decapitazione di Carlo I. 
Locke afferma che le idee non sono innate ma derivano dall'esperienza, in particolare:
  1. dall'esperienza esterna provengono le idee di sensazione;
  2. dall'esperienza interna provengono le idee di riflessione
Infatti, la mente umana è priva di contenuti, perciò viene paragonata ad un foglio bianco, la quale acquisisce gradualmente le conoscenza con il progredire delle esperienze.

Il filosofo distingue due tipologie di idee:
  1. idee semplici (di sensazione e di riflessione); 
  2. idee complesse. 
Le prime derivano dalle esperienze elementari e sono dotate di certezza, mentre le seconde provengono dall'elaborazione delle idee semplici e si distinguono in:

  • idee di modi → non sussistono di per sé ma sempre in relazione a una sostanza;
  • idee di sostanze → sono riferite a qualcosa di esistente in sé che funge da sostrato;
  • idee di relazioni → derivano dal rapporto istituito tra idee semplici.

Infine Locke afferma che la conoscenza è circoscritta alle certezze sensibili (esterne o interiori), ed è probabile, quindi sufficiente ad orientarsi nel mondo ma non assoluta. Le uniche certezze non sensibili, secondo il filosofo, sono quelle dell'io e di Dio.

John Locke

lunedì 18 febbraio 2019

La teoria dell'assolutismo politico


Secondo il filosofo Thomas Hobbes lo stato di natura è caratterizzato da una illimitata libertà individuale che comporta una situazione di ostilità generale con il rischio della distruzione reciproca. Infatti gli uomini devono rinunciare al diritto naturale seguendo le tre massime regole della ragione

  1. cercare un compromesso per ottenere la pace;
  2. limitare i propri diritti in relazione a quelli degli altri;
  3. rispettare i patti.
Da questa azione di rinuncia razionale al diritto naturale deriva la società civile, la quale è fondata sul patto di unione (pactum unionis) e sul patto di sottomissione (pactum subiectionis). 
                ↙                                                               ↘
Implica la convergenza                                   Implica l'alienazione dei diritti
di molte volontà verso                                    e del potere ad un sovrano;
un unico scopo;

I due patti danno origine al Leviatano (o Stato), il quale ha un potere assoluto ma ha anche alcuni limiti, tra cui lasciare un margine di libertà ai sudditi nella sfera privata e di non emanare ordini che mettono a repentaglio la vita e l'incolumità dei cittadini. Il Leviatano è un mostro biblico descritto nelle Sacre scritture come la più terribile delle creature. Hobbes lo identifica con lo Stato perché la potenza di tale mostro rappresenta a pieno il potere assoluto di cui viene investito il sovrano.  Il potere del Leviatano non ha mai termine (se non per la morte del re), costringe all'obbedienza delle leggi ma non è tenuto a rispettarle, ha pieno controllo delle azioni e delle opinioni dei sudditi, coincide con la legge e stabilisce i criteri del giusto e dell'ingiusto e infine ingloba il potere religioso. 

Thomas Hobbes

Thomas Hobbes nasce a Westport in Inghilterra il 5 aprile. Egli è vissuto in uno dei periodi più instabili e sanguinosi della storia inglese ed è convinto dell'assolutismo regio, ovvero la concezione secondo cui al re spetta il potere assoluto per diritto divino. Secondo Hobbes l'uomo è un essere naturale e corporeo e lo considera avido, egoista e violento; da ciò nasce il suo motto ''homo homini lupus'' (= ''ogni uomo è un lupo per l'altro uomo''). 

Hobbes riconosce che la conoscenza deriva dai sensi e si sviluppa attraverso tre livelli:

  • sensazione: movimento sollecitato dagli oggetti sensibili negli organi di senso che reagiscono formando un'immagine;
  • immaginazione: collega le immagini sensibili trattenute dalla memoria;
  • intelletto: collega i nomi attributi convenzionalmente dal linguaggio alle immagini dalle cose. 
Infatti il linguaggio ha due funzioni principali: 
  1. serve alla memorizzazione
  2. serve alla comunicazione.
Inoltre consente la generalizzazione necessaria alla costruzione dell'edificio della scienza. 

Il filosofo riconosce nella materia l'unica realtà e nel movimento l'unico principio di spiegazione dei fenomeni, pertanto ritiene che esista un rigido determinismo (= la volontà dell'uomo è sempre condizionata e determinata da cause o ragioni necessarie che egli non può dominare) anche in ambito etico. Da ciò deduce che il bene e il male coincidono con ciò che favorisce l'autoconservazione o che la ostacola, e che la libertà è soltanto ''libertà di fare ciò che che la volontà ha deciso'', infatti la volontà non è libera anch'essa ma è intrinsecamente necessitata da motivi che dipendono da oggetti esterni all'uomo.  


Thomas Hobbes